Nella nostra generazione si diffonde sempre più una totale sfiducia nei confronti della società e del lavoro che porta a esiti di natura rinunciataria. Moltissimi giovani che potrebbero apportare in ogni settore d’impiego una ventata di aria nuova sono rinchiusi in casa ed evitano qualunque forma di coinvolgimento politico e sociale.
Spesso, si tratta di giovani diplomati o laureati. Da un lato questo fenomeno inquieta. Dall’altro, ci si deve interrogare sul fatto che la società opulenta possa permettersi senza deflagrare di mantenere una fetta della società inattiva e totalmente a carico della parte produttiva. Sono riflessioni che devono essere condotte sul piano dell’economia politica e che non possiamo affrontare con il sensazionalismo dei sentimenti e dell’indignazione.

La società opulenta produce benessere in misura così elevata da permettere a una parte della popolazione di non fare nulla per produrlo. Non si tratta di un errore o di una cattiva interpretazione della modernità tecnologica. La tecnologia libera l’uomo dall’impellenza di compiere certi sforzi e allo stesso tempo, gli garantisce un ampio margine d’inattività improduttiva. Per affrontare con serietà il problema della disoccupazione devono essere ripensati in blocco tutti i rapporti di progettazione, di produzione, di trasferimento, di commercializzazione e di consumo. Altrimenti ci s’impantana in un vicolo cieco senza uscita.

Nella società opulenta molti giovani non si sentono all’altezza di attese che ritengono assurde e insensate e questo genera esclusione sociale, delinquenza e disumanizzazione.
Consiglio di riflettere sul tema dello spreco della nostra umanità.
Considerate le meravigliose facoltà di cui siamo dotati, le persone mediocri non hanno mai concluso un gran che. Quali macchine di virtù, piacere, saggezza, impegno e amicizia, abbiamo sempre operato a una frazione ridottissima delle nostre capacità. Ciò risulta evidente dal confronto tra l’indolenza abituale della gente e il suo comportamento in casi d’emergenza o quando sono presi dall’entusiasmo, o quando sono profondamente assorti in qualche compito.

Sprecare la nostra umanità piangendosi addosso e rinunciando a cercare la verità, significa perdere la speranza di raggiungere un equilibrio che deriva da un’amorevole e partecipata collaborazione che dovremmo preservare come un tesoro prezioso.