Microchip nei camici dei medici
In Liguria scoppia il caso. La vicenda in Parlamento. I 22 mila dipendenti della sanità ligure hanno un microchip elettronico grande quanto una lenticchia, inserito tra le cuciture dell’abbigliamento da lavoro.
A denunciare il caso un sindacalista Tullio Rossi
Rossi, che ha scoperto nel suo camice il microchip, che è in servizio come portiere all’ospedale Galliera, insieme ai colleghi ha scritto una lettera alle Asl dicendo che il personale «è turbato per aver appreso casualmente del microchip», sottolineando come si tratti di un modo illegale per controllare i dipendenti e una violazione della privacy.
La vicenda ha subito scatenato la bagarre politica.
«Questo sistema risulta già diffuso in sei regioni per evitare sprechi e ammanchi», ha spiegato l’assessore regionale alla Sanità Sonia Viale.
«L’obiettivo del microchip è evitare sprechi e “dimenticanze” dei camici al di fuori dagli ospedali, maggiore sicurezza rispetto alle norme igieniche, maggiore qualità dei tessuti anche a garanzia del decoro delle divise e della biancheria utilizzate». Per Alisa, il microchip riduce sprechi e aumenta la sicurezza e l’igiene. «Dopo anni di sprechi nella sanità le opposizioni ora si preoccupano dei microchip nelle divise del personale ospedaliero che servono per risparmiare e garantire maggiore igiene e ordine degli indumenti? Ma chi ha paura di un microchip che serve a riconsegnare la divisa pulita al legittimo proprietario evitando che si perda e risparmiando così denaro dei contribuenti? Ma chi ha paura di essere controllato sul posto di lavoro, se non ha nulla da nascondere?» ha commentato il governatore della Liguria Giovanni Toti.
«Sono certo» scrive Toti sulla sua pagina Fb «che la stragrande maggioranza del personale della sanità faccia seriamente il proprio lavoro e che non tema alcun controllo, che peraltro non c’è. Stupisce semmai che le opposizioni sollevino polveroni su presunti controlli inesistenti ma che comunque nessuno, in epoca di furbetti, dovrebbe temere».
La vicenda, nel frattempo, è approdata in Parlamento.
In Parlamento con un’interrogazione dei deputati di Sinistra Italiana-Possibile, primo firmatario Giovanni Paglia.
“La motivazione della direzione sanitaria – si legge nell’interrogazione – sarebbe l’esigenza di controllare la localizzazione gps degli abiti da lavoro così da evitarne lo smarrimento, come previsto da gara d’appalto.
È però evidente come questa strumentazione si presti anche al controllo continuo della posizione degli addetti, venendosi così a configurare a pieno titolo come mezzo di controllo a distanza dei lavoratori – prosegue l’interrogazione.
Questo significa che la sua introduzione avrebbe dovuto passare da un accordo con il sindacato o in alternativa da un’autorizzazione del Ministero del Lavoro come previsto dello Statuto dei Lavoratori.
Non risulta che si sia scelta la via dell’accordo sindacale.
Quindi si deve supporre che esista un’autorizzazione ministeriale o che l’atto sia illegittimo.
In questo caso potrebbe definirsi anche il danno erariale, dato che si dovrebbe provvedere a sostituire capi in uso a 22 mila”. Secondo Possibile “a aggravare il quadro è la sanzione disciplinare al portiere del Galliera, reo di aver estratto il chip per sottoporlo a analisi”.
Nell’interrogazione si chiede al governo se il ministero competente “fosse a conoscenza e avesse autorizzato l’installazione di chip gps sul vestiario degli addetti dell’ospedale Galliera e di altre strutture liguri. In caso contrario, se ritenga che si sia davanti a una palese violazione delle disposizioni in materia di controllo a distanza dei lavoratori” e “come intenda muoversi per ripristinare la legalità violata” oltre che “se intenda procedere a esposto per danno erariale presso la Procura della Corte dei Conti”.
Font > Doctor 33 Marco Malagutti