Quando in terapia si prende in carico un cliente… cosa e quanto si sa veramente del suo mondo?
Forse il cliente riesce a dire un’infinitesima parte della sua vita mondana, dei suoi rapporti in famiglia, coi colleghi di lavoro e sulle sue aspettative frustrate, ma cosa può dire del suo mondo interiore, di quella parte inconscia che lo agisce, e che forse neppure lui conosce?
- Quali conflitti stanno agendo dentro di lui?
- A chi potrebbe far comodo il suo star male?
- Il nostro intervento potrebbe ostacolare un processo in corso o scomodare qualcuno che sta beneficiano del suo star male?
- Che rischi corriamo noi e che rischi corre il cliente, se e quando si va toccare il suo sistema operativo?
Certo, perché se vuoi essere efficace, in terapia sistemica, devi agire sul sistema operativo, ma questo presuppone un cambio completo del modo di vivere.
Significa che ogni operazione futura che il cliente farà, sarà influenzata dalla modifica di base che è stata apportata sul sistema.
Mi sono reso conto che troppi terapeuti dell’ultima ora improvvisano, tentano qualsiasi intervento che dia gloria a loro ed emozioni ai clienti.
Tali “operatori” si dimenticano troppo spesso della responsabilità verso il cliente sul “letto operatorio”, ma sono interessati solo alle altre persone che stanno osservando, il pubblico pagante che può far loro da cassa di risonanza.
Ciò che conta per loro è dare emozioni e soddisfare, magari in modo e creativo, la curiosità della gente.
Presupposto fondamentale
Un altro presupporto fondamentale per aver successo è che gli spettatori siano convinti di aver ben compreso ogni cosa avvenuta nella rappresentazione.
Così, gravidi di certezze fasulle e prodighi di buoni consigli da dispensare, gli astanti possono tornare a casa paghi e disposti a raccontare ad amici e colleghi l’esperienza vissuta.
C’è anche chi, magari dopo aver partecipato ad una sola serata, si sente anche in grado di cimentarsi nella messa in scena di rappresentazioni familiari per colmare la noia post-prandiale delle domeniche in famiglia.
In tal modo, anche amici e parenti lo crederanno un gioco, e si sentiranno a loro volta autorizzati a ripetere e scimmiottare in proprio il teatrino della stupidità.
Questo assurdo modo di operare è una farsa per gli allocchi che di terapeutico non ha proprio nulla.
Questa non è terapia, ma è solo un’illusione, un gioco molto rischioso, e a pagarne il prezzo, oltre al cliente che in questa forma di terapia aveva riposto le sue ultime speranza di guarigione, sarà il terapeuta, perché dovrà assumersi tutta la responsabilità del suo agire in modo sconsiderato e assolutamente poco professionale.
Mi auspico un rapido ritorno al rispettoso e professionale sistema di rappresentazione, in cui tutti: cliente, terapeuta e pubblico pagante, si possano sentire partecipi e garantiti nella loro incolumità.
Solo così si potrà utilizzare questa terapia estremamente efficace, facendolo in modo assolutamente rispettoso e non invasivo, garantendo sicurezza a tutti coloro che possono essere via via coinvolti nei diversi sistemi rappresentati dal terapeuta.